La montagna è stata
considerata da tutte le religioni dell’Oriente e
dell’Occidente come uno dei segni della divinità, la sede
degli dei, il luogo delle rivelazioni, un mondo che vive in
una dimensione sacra. Ma essa si fa scoprire da chi si pone
nello stato d’animo di ascolto e di contemplazione della sua
bellezza e del suo splendore; questo, che è stato definito
il “sublime” della montagna, può diventare un’occasione di
vivere a fondo un’esperienza di meditazione e di preghiera,
ma ciò non deve essere né assolutizzato, né visto con
superficialità, cogliendo solo gli aspetti sentimentali di
un bel paesaggio, di un tramonto, di una distesa di pascoli
verdeggianti. La montagna è anche dura, difficile da
comprendere, a volte spietata e pericolosa, come quando il
tempo si guasta e ci costringe a fare i conti con la nostra
debolezza e l’impossibilità di proseguire..
Uno scrittore di montagna
disse “Le montagne non sono l’Assoluto ma lo suggeriscono”:
la montagna non è il semplice contorno, lo sfondo delle
nostre attività, ma essa stessa è parte integrante e
occasione di riflessione, di meditazione e di preghiera.
Dipende dalla disposizione di ognuno saper trovare le
condizioni, quali che siano, religiose, spirituali o
semplicemente umane, per aprire il cuore e la mente a
ciò che ci circonda e a quello che ci dice, e soprattutto a
quello che ci “suggerisce”.